Dato che studio delle lingue interessa ogni aspetto della nostra vita, oggi ho pensato di condividere un articolo sulle connessioni tra lingue e musica. In particolare, si tratta di una ricerca canadese che dimostra la maggiore predisposizione a sviluppare la percezione musicale da parte di chi parla lingue tonali e spiega i possibili utilizzi dei risultati di questo studio nelle terapie di riabilitazione di persone con disturbi del linguaggio.

Qui sotto la mia traduzione dell’articolo “Speakers of tonal languages are better able to hear music, study finds” di Wency Leung, tratto da The Globe and Mail.

Hai un orecchio musicale? Imparare una lingua tonale come il cantonese o il tailandese ti potrebbe aiutare a sviluppare la percezione musicale.

Uno studio ha dimostrato che le persone con scarso o assente addestramento musicale che parlano lingue tonali – lingue in cui la variazione di tono altera il significato – sono in grado di elaborare aspetti della musica proprio come veri musicisti.

La ricerca, condotta da scienziati del Baycrest Health Sciences’ Rotman Research Institute e dall’Università di Toronto, rileva per la prima volta l’esistenza di una connessione bidirezionale tra come il cervello percepisce la musica e il linguaggio. Mentre studi precedenti avevano dimostrato che lo studio della musica è in grado di sviluppare le abilità linguistiche, gli ultimi risultati suggeriscono che anche l’opposto è vero: lo studio della lingua può influenzare la capacità di elaborare la musica.

“Conoscere una lingua tonale di fatto aiuta a percepire meglio aspetti della musica” sostiene Gavin Bidelman, assistente presso l’Università di Memphis che ha diretto lo studio mentre era al Baycrest. “Nessuno ha mai posto attenzione a questo aspetto.”

I risultati avvicinano i ricercatori alla comprensione di ciò che Bidelman definisce come “uno dei più grandi misteri delle scienze cognitive”: il punto in cui musica e linguaggio si sovrappongono nel cervello. “Musica e lingua sono due elementi che attraversano tutti i tempi e tutte le civilizzazioni. Quindi, cosa c’è di così speciale in questi due sfere?”

Lo studio

Lo studio ha coinvolto un gruppo di 54 adulti composto da: musicisti di lingua inglese, non musicisti di lingua inglese e non musicisti di lingua cantonese. Mentre l’inglese è una lingua atonale, il cantonese si fonda su sei toni. I tre gruppi dovevano svolgere una serie di test valutativi delle loro abilità cognitive, quali l’intelligenza generale e la memoria di lavoro (memoria a breve termine e gestione di informazioni) e la loro capacità di ricordare e distinguere tra melodie e toni musicali.

Nei test musicali, il gruppo cantonese ha avuto i soliti risultati dei musicisti, con un punteggio del 20% più alto rispetto ai non musicisti di lingua inglese. Inoltre, i musicisti e i cantonesi hanno dimostrato una memoria di lavoro superiore rispetto ai non musicisti di lingua inglese, portando i ricercatori a concludere che l’addestramento musicale e la pratica della lingua tonale possono essere inoltre collegate a un generale aumento della funzione cognitiva.

Le conclusioni

Bidelman sostiene che, il fatto che chi parla lingue tonali ha un orecchio musicale migliore, non implica necessariamente che sia più capace di altri a suonare gli strumenti musicali. Ma fa notare che, nonostante non sia ancora provato, “è probabile che possa imparare a suonare gli strumenti più velocemente poiché ha già una consolidata acutezza uditiva. “

Suggerisce inoltre che la ricerca sulla relazione bidirezionale tra musica e linguaggio può aiutare a sviluppare programmi di allenamento e riabilitazione per persone con disturbi del linguaggio, come pazienti infartuati o con afasia, che hanno difficoltà con il linguaggio a causa di malattie o traumi cerebrali.

Potrebbe rappresentare inoltre un incentivo per i genitori a iscrivere i figli sia a corsi di musica che di lingue tonali. Mentre sono ormai appurati gli effetti positivi dell’esercizio musicale sullo sviluppo nella prima infanzia, anche il bilinguismo sta provando di avere benefici cognitivi, come sostiene Bidelman: “Sia l’esposizione alla musica che alla lingua hanno impatti molto profondi sul cervello.”