Seguendo i passi dei pellegrini lungo le diramazioni dell’antica via Francigena: breve itinerario fra le pievi della Versilia
Sarà che è arrivato settembre e che è già ricominciata la scuola, sarà che il legame con il mio territorio d’origine mi spinge a rinsaldarne le radici di continuo, fatto sta che in questi giorni ho ripassato un po’ di storia medievale. In realtà, l’occasione si è presentata nel bel mezzo delle faccende domestiche, tentando di riordinare l’ammasso di libri, quaderni, fogli, appunti, dispense, rimasto ammucchiato su una libreria fin dai tempi dell’università. È così che mi sono imbattuta in una tesina preparata per un esame di storia, me ne ero quasi dimenticata: l’ho aperta e riletta tutta d’un fiato. Parlava di una chiesa il cui nome è traccia della foresta di lecci (ilices in latino) che ricopriva il monte Pitoro fra l’XI e XV secolo: la Pieve a Elici. Da quelle pagine è emersa la voglia di proporvi un breve itinerario alla scoperta di alcune delle antiche Pievi che punteggiano le colline versiliesi.
L’inizio del percorso è quello segnato dall’argomento del mio vecchio lavoro universitario: il gioiello d’arte romanica della Chiesa di San Pantaleone a Elici. Delle cinquantanove pievi che costellavano la campagna della vasta diocesi di Lucca secondo l’estimo del 1260, questa fu una delle più importanti e ricoprì un ruolo di spicco non solo dal punto di vista religioso ma anche sotto il profilo amministrativo e giurisdizionale. Risalgono al IX secolo i documenti più antichi che la riguardano, ma gli storici sono quasi unanimemente concordi nell’affermare che essa sorse entro la prima metà del VI secolo, insieme ad altre pievi versiliesi proto-cristiane la cui origine viene messa in relazione alla vasta opera religiosa di San Frediano, vescovo di Lucca. Il primo insediamento della pieve, però, non era ancora la meraviglia architettonica che oggi ammiriamo ed era costituito da quattro mura spoglie, senza navate, e una tettoia a capriate ricoperta di lavagne. L’ampliamento avvenne nell’arco del XII e XIII secolo, in due fasi di ricostruzione, quando la Pieve crebbe d’importanza e l’oratorio non riuscì più a contenere le esigenze di una popolazione che aumentava. Il rinnovato aspetto si mantenne tale fino ai primi del XVIII secolo e vide, oltre all’adattamento a campanile di una vecchia torre di guardia, l’istallazione del trittico marmoreo dei Riccomanno alle spalle dell’altare maggiore. Gli interventi di restauro terminati nel 1912, poi, recuperarono parte dell’intonaco originario ed eliminarono i motivi barocchi dei primi del settecento, riportando la Pieve a Elici alla sua antica, austera ed essenziale bellezza, la stessa che colpisce chiunque ne varchi la soglia ancora oggi.
Ma la bellezza della Pieve di San Pantaleone non si esaurisce al suo interno, né intorno al perimetro della sua costruzione: essa varca le sue stesse mura e i merli ghibellini del suo campanile, fino a comprendere la straordinaria vista che è possibile godere dal suo sagrato. All’ombra dei lecci piantati una cinquantina d’anni fa in ricordo dell’originaria foresta che ricopriva la collina, infatti, si scorge il lago di Massaciuccoli con le residue paludi e le risaie abbandonate, la piana di Pisa e quella di Viareggio. E nelle giornate particolarmente limpide, sono visibili l’isola d’Elba, la Gorgona e, sulla linea d’orizzonte, la Corsica. Un panorama mozzafiato, che allieta occhi e anima, amplificando le emozioni di chiunque visiti Pieve a Elici in occasione dell’annuale festival di musica da camera della Versilia organizzato dall’Associazione Musicale Lucchese.
Panorama diverso ma non meno suggestivo è quello che si gode dalla Pieve di Santo Stefano a Camaiore, posta lungo la via Francigena al di sotto del monte Prana e affacciata su buona parte delle colline comprese nella Tenuta di Forci, odierna sede di un’importante produzione di olio e vino volta a coniugare progresso e tradizione. Di architettura romanica-lucchese, essa presenta un impianto medievale risalente alla fine del XII secolo, mentre l’aggiunta del porticato alla facciata e la completa rivisitazione dell’interno datano rispettivamente il XVI e XVIII secolo. Il grande gioco prospettico svolto dalla scalinata incastonata nel piazzale arricchisce ulteriormente il pregio della costruzione e rappresenta un reale invito a una visitarne l’interno, con il sarcofago marmoreo di origine romana (II secolo) proveniente dal paese di Lombrici e il prezioso organo, opera di Onofrio Zeffirini, risalente alla fine cinquecento.
Lasciando il comprensorio di Camaiore in direzione Pietrasanta, e proseguendo lungo il tracciato stradale della via Sarzanese che ripercorre l’antico itinerario della via Francigena, si giunge in località Valdicastello: lì si erge la Pieve di San Giovanni e Santa Felicita. Costituita da un edificio a tre navate privo di transetto, con un unico abside e un campanile in facciata, essa è il risultato di una serie di rifacimenti operati nei secoli XV, XVI e XVII, sulla base dell’impianto originario in bozze di tufo. L’effetto è un’affascinante sovrapposizione di stile romanico e gotico su cui s’innesta la torre in pietra e mattoni che fece perdere alla chiesa la sua iniziale simmetria. Una bellezza fatta di commistione e di proporzioni spurie, quindi, ma che tuttora vige proprio in virtù di una mescolanza di tratti e di sfumature. La stessa che contribuisce ad armonizzare questa costruzione con il contesto naturale nel quale è inserita.
Il breve itinerario che vi ho proposto finisce qui: sono pochi i chilometri percorsi ma sono accomunati da una via – la Francigena – che ne esalta il significato in termini di storia, di arte, di tradizione religiosa e di vicende umane. Percorrerli è un po’ come andare a ritroso nel tempo, riscoprendo una parte di noi legata a scenari e sensazioni dei luoghi, a una memoria collettiva ricca tanto quanto il cammino che le ha dato vita.